Creatività: cos'è realmente? Creativity, what really?

Creatività, una bella parola. Ma cosa si vuol intendere?

Be', naturalmente ognuno ha la sua legittima opinione; io proverò ad illustrare la mia. Creatività” potrebbe essere la capacità di vedere il mondo come non è! Allora è lecito chiedersi anche: ma è un dono innato solo da invidiare a “prescelti” oppure una capacità che si può acquisire e migliorare durante la vita? Creatività potrebbe anche essere unire elementi già esistenti con “connessioni” nuove; che siano utili. La novità e l’utilità sono concetti imprescindibili. Ma essere creativi potrebbe significare anche rompere le regole esistenti per crearne delle altre migliori, destabilizzanti. Ciò potrebbe rappresentare un rischio ovvero: un uomo che ha un’idea nuova può risultare uno svitato. Ma sarebbe uno svitato con “scadenza certa”; cioè finché novità non ha successo. In quel caso diverrebbe un genio creativo.
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Well, of course everyone has their own legitimate opinion, and I'll try to illustrate mine: "Creativity "might be the ability to see the world as it is!
So it is questionable as well: it is an innate gift only as good at "selected" or a skill that you can acquire and improve during the life? Creativity may also be to combine existing elements with "connections" new, they are useful. The novelty and utility are essential concepts.
But be creative could mean breaking the existing rules to create the other best destabilizing. This could pose a risk or a man who has a new idea may be a nut. But it would be loosened with a "certain date", that is until the novelty has not happened. In that case it would become a creative genius.


Wednesday, October 20, 2010

Gli "spettri" del tempo-Breve introduzione al racconto (Dal ciclo Ombre)

  

Protagonista & Soci by KarmiKo69 (PS Consulting) / CC BY-ND 3.0
Da un’idea di: Protagonista & Soci


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Premessa:

“In tutte le cose vi è sempre un principio e, talvolta, vi è anche una conclusione. Ma, per quest’ultima, non sempre spetta a noi decidere. Sovente può dipendere dal fato, da elementi imprevedibili, da “forze superiori”. Tuttavia può succedere che si giunga ad una fine anche grazie all’inatteso intervento di innoque persone. Innocenti individui a cui il destino ha segretamente riservato un inatteso compito”. Come nella storia che segue!

 L’inizio di tutte le cose. Svizzera, Lago di Ginevra, 11 Settembre 1814. In un’illustre  villa:

<….Finalmente, dopo una lunga attesa, il momento di incontrarci è giunto! Ditemi, mio buon amico, come è andato il viaggio sin qui? Trovate questo luogo di vostro gradimento?> domandò premuroso il Conte all’elegante uomo inglese.

<Il viaggio, per quanto lungo, è stato abbastanza agevole. E si, questo posto è davvero suggestivo. Sembrerebbe un luogo perfetto per un ritiro creativo. Signore, permettetemi di visitarne ogni anfratto. Magari, chissà, un giorno potrei tornare qui….ma per dedicarmi all’arte. Alla scrittura; e perché no, magari con un’allegra compagnia> rispose il gentiluomo, quasi in maniera profetica.

<Allora prego, seguitemi. Dentro ci aspettano impazienti, abbiamo parecchio da discorrere e deliberare. Ma certo non mancheranno le libagioni che so, Voi, apprezzate molto> concluse il Conte, sottolineando il verbo apprezzare con maliziosa ironia…………….

Austria, 3 Ottobre 1814:

<Stimato Principe, quest’Assise sarà un grande successo. Ne usciremo trionfanti e più forti. Tutto tornerà come prima, e forse anche di più> affermò il ‘Conte di Lobo da Silveyra’, autorevole diplomatico portoghese, anch’egli invitato a partecipare a quell’assemblea destinata a passare alla storia.

<Concordo con lei, caro Conte di Lobo. Che sia chiaro, io sostengo con vigore un rinnovato equilibrio dei nostri Stati. Si alla “Restaurazione” ma non intendo soffocare i perdenti. Autorevoli delegati, è notorio quanto il mio pensiero tragga ispirazione dalla filosofia del nostro grande ‘Ludwig Von Rochau’. Padre della “Real-Politik” ed alla quale io mi sono consegnato completamente. Ed è proprio in ragione di questo assioma che orienteremo il dibattito e le inevitabili delibere> rispose, appassionato, il Principe di Metternich.

<Eminenti colleghi, mi duole dovervi ammonire sulle conseguenze di talune vostre teorie> incalzò il ‘Conte Charles-Henri de Saint-Simon’, che proseguì nel suo monologo…………….

Poi, fuori dal palazzo, il conte di Saint-Simon si rivolse al suo valletto

<Didier, mandate a chiamare subito il nostro amico inglese. Ditegli ho urgenza di incontrarlo, in modo confidenziale. Riferite pure che lo attenderò tra due giorni in Villa Diodati, a mezzodì. Ed ora andate, fate presto> E dopo quest’ultima incombenza, salì sul suo lussuoso calesse alla volta della destinazione segreta………..

Roma 21/04/1817, notte ore 11:

“Esperienza tragica. Che io sia dannato se accetto ancora il suo invito!”

Più tardi, un quarto dopo l’ una, tiepida notte. Nell’ aria fosca, una lieve brezza porta i sentori della primavera. Il profumo di fiori di campo ad ingentilire gli odori della città. La stessa brezza che sembra dare vita alla scena, altrimenti immota. Quasi della stessa materia della statua raffigurante un angelo, posta a guardia nell’androne della dimora patrizia. La stessa aria che scompiglia le criniere dei cavalli e le vesti del cocchiere in attesa, senza la quale l’intera  scena apparirebbe come un blocco marmoreo. Ovvero, al limite, il “soggetto di una tela”. Qualcosa di reale ed al tempo stesso di irreale.

Un vento che agita pure gli abiti del giovane uomo uscito, a passo malfermo, dalla dimora del suo nuovo amico; lento ed esitante, egli si sente raggelare come dal più crudele dei venti del nord, quelli che spirano dal mare verso le bianche scogliere di Dover.

Si guarda attorno atterrito. Ma, al contempo, quasi incapace di allontanarsi dalla scena; il fascino dell’orrido, il richiamo del macabro: quello che fa paura ed ammalia allo stesso tempo.

L’uomo scuote la testa. Pensa che sia stato solo un scherzo dei suoi nervi sovraeccitati, complici il laudano e le libagioni non certo moderate della serata.

Oppure no: forse la sua sensibilità di poeta gli ha permesso di cogliere quello che ad altri non è apparso; ossia di squarciare un velo. “C’era un messaggio in quei versi” sussurra timorato fra se. Nella sua lingua sassone. Forse ha davvero squarciato il velo, gettando uno sguardo su un mondo ctonio……………

Giugno 1944, in notte estiva, una notte di guerra:

L’oscurità squarciata solo dai fari della Mercedes nera. Un silenzio carico di presagi e rumori repressi. L’auto reca una targa della Whermacht ma in dotazione all’ alto comando SS di Roma. Eppure è priva di insegne. Anche chi la guida tende a farla scivolare silenziosamente attraverso gli scheletri di quello che un tempo era un importante quartiere romano.

Nessuno deve sapere; nessuno dei 3 uomini, 2 di scorta e l’ autista, è a conoscenza del perché sia in quel luogo. Ordini; e poi, spesso, fa comodo non sapere troppo.

Solo il quarto passeggero sa, ed è a conoscenza anche dell’altro motivo. L’uomo siede sul sedile posteriore assieme ad uno della scorta, concentrato sulla strada. Nella memoria cerca ossessivamente l’ immagine del suo nascondiglio segreto. Certo, adesso la piazza è molto diversa da come la ricordava prima dei bombardamenti del Luglio 1943. Quando, insieme al suo complice, visitò il palazzo per la prima volta; fruga nella memoria alla ricerca di un indizio, una traccia, qualcosa rimasto integro nello sfacelo attuale. Poi, finalmente, con difficoltà lo trova.

<Gira di la>, dice all’ autista. Passano attraverso il tetro ventre di Roma.

<Fermati !!!>, ordina all’ autista. Sorride, il palazzo si rivela indenne quasi per miracolo. O per un qualunque altro inspiegabile sortilegio. Eccoci arrivati pensò.

<Bisognerà liberare il passaggio però> nota il caporale seduto avanti.

<Procedete.Abbiamo poco tempo> Il tono del Colonnello non ammetteva repliche.

L’ autista e la prima guardia si avviano verso l’ ingresso iniziando le operazioni di sgombero. Gli altri due restano dentro la vettura. Sembrano ombre nella piazza sventrata. Anonime, senza uniforme, nessun segno di riconoscimento.

Il Colonnello osserva nervosamente attraverso i finestrini. Si fruga nella tasca destra del soprabito, cerca la Colt Governement cal. 45, bottino di guerra. La prima guardia brandisce un PPK sovietico con caricatore a disco.

L’ altra guardia porta a tracolla un MAB in dotazione ai Repubblichini.

L’ autista, ambidestro, ha una Beretta ben assestata nel fianco sinistro senza fondina. Nessun arma tedesca. Il messaggio è chiaro: loro non sono qui, ora !............

28 Marzo 1970, notte:

Se la sta prendendo comoda, quasi non ci fosse nessun pericolo in quell' operazione, di certo, non ufficiale. Ecco ora ha finito di scavare. Si accende anche una sigaretta, tabacco inglese, c'è da scommetterci!

Una Silk cut, magari. No, troppo effeminata. Una Dhunhill invece. Una sigaretta raffinata ma che decisamente fa molto 'maschio'. Sì, e magari accesa con quel suo accendino d'oro, un oggetto sobrio. La stessa sobrietà tipicamente inglese che non vela la sostanza ma impedisce alla forma di eccedere. Qualcosa come le Cooper o le Aston Martin, così scattanti ma sobrie in confronto alle americane e tedesche tanto ingombranti. O la stessa Rolls, al cui confonto la Limousine ne esce  inesorabilmente deprezzata.

Questo, all'uomo in attesa, non dispiace neanche tanto. Ha una simpatia per la Gran Bretagna e gli inglesi; lui stesso nel fisico, nel portamento e nel carattere presenta un quid che lo fa sembrare più anglosassone che mediterraneo. Dai capelli castano chiari, agli occhi grigi fino al suo trench, non appare molto diverso dall'altro uomo nel giardino.

L'uomo in attesa è sui trent’anni, quello che sta scavando appena sopra i quaranta. Il più giovane lancia un'altra occhiata. Niente da fare: il quarantenne fuma impassibile, il ritratto della flemma. L'aplomb tipicamente britannico che in quel momento risulta quasi insopportabile.

Infatti il trentenne decide di avvicinarsi. Si fa avanti lentamente. Attraversa l'androne, pestando sotto i piedi il mosaico che reca inciso il nome dell'antico proprietario. Entra nel giardino, la statua sembra fissarlo sardonica. Lui ricambia lo sguardo. E' uno strano angelo: ha qualcosa di indefinibile nell'espressione, sembra lanciare una sfida. E così, l’uomo maturo alza appena la testa in un cenno di saluto.

<<Ah, è lei >>  dice semplicemente.

<<Già, e allora? Trovato qualcosa?>>

<<Allora niente>>

<<Ma non è possibile!>>

<<Invece sì, non c' è niente ! Proprio niente. Del resto io non c' ho mai creduto>>

Il ritratto della calma. Inglese come la pioggia delle midlands o la birra nei pub.

<<Senta, deve esserci!>>

L' altro sembra invitarlo, con un gesto della mano, a controllare con i propri occhi. Il trentenne si avvicina al buco, guarda dentro: solo terra. Con la torcia illumina tutta la superficie, rendendo più evidente il mancato successo della operazione.

<<Che le dicevo?>> gli fa con un mezzo sorriso.

L' altro si accende una sigaretta. Una delle sue, semplici nazionali.

<<Mah, che diavolo!>>

<<Ragazzo mio il Diavolo non c’entra nulla, e lei lo dovrebbe sapere meglio di me! Non deve credere a tutte le favole che si raccontano nel nostro mestiere. Sa quante ne ho sentite io di storielle del genere? I nazisti sono stati qui?Innanzitutto, chi lo dice? Un povero fissato che non ha neanche paura di apparire come un collaborazionista. E anche se fosse vero, cosa cambia? Quali rivelazioni si aspettava?>

<<Ma anche lei ci credeva.>>  rincalza Forster………….

Roma caput mundi. Marzo 2005:

In tre parole è racchiusa l’intrinseca grandezza della capitale di uno Stato che fu centro del mondo conosciuto. La storia la pervade, l’antica gloria è ancora lì, tra le rovine di un teatro e il capitello di una colonna distrattamente adagiato sul ciglio di una strada. La Roma antica e quella contemporanea si tuffano e si fondono l’ una nell’ altra, alternandosi da una strada ad un vicolo, da un largo ad una piazza.

Quando arrivi per la prima volta a Roma, la cosa che più ti colpisce è il blu intenso del cielo e il profumo d' aria fresca che ti sposta i capelli e ti fa sentire per un istante come se fossi arrivato in una piccola città di mare. L 'antico e il moderno si mescolano con naturalezza in un’incessante danza. I motorini sfrecciano frenetici sulle strade antiche, levigate dal passaggio dei vecchi carri.

Nelle calde sere d'estate, ma in generale con l'arrivo della bella stagione, riaprono i chioschi delle grattachecche, famose granite fatte a mano, ed è molto piacevole passeggiare per le sponde del Tevere consumandole e rinfrescandosi con l' arietta fresca del ponentino.

La magnificenza del Colosseo lascia senza fiato chiunque vi si trovi ai piedi. Sfiorando gli enormi mattoni di pietra, la fantasia non fatica a figurarsi centurioni di ronda e gladiatori in battaglia o a sentire lo scalpitio dei cavalli da traino alle bighe. Attraversando la città con qualunque mezzo, si ha la continua sensazione di balzare tra i secoli, di essere lì dove la storia si è compiuta…………..

I romani sono fieri ed orgogliosi della propria città. Ma anche socievoli e chiacchieroni. Talvolta anche un po cialtroni. E, per natura, sono spesso disponibili a raccontare aneddoti o indugiare zelantemente sulle loro usanze.

Ed è proprio grazie alla loro fiera appartenenza all’urbe eterna, senza trascurare la loro colorita eloquenza, che si viene, sovente, in contatto con interessanti, quanto originali leggende metropolitane.

Leggende che narrano di antichi palazzi, fantasmi o spiriti erranti, piazze o curiosi nomi di strade, misteri più o meno inspiegabili ed ogni altra sorta di fantasia popolare. Storie che spesso risvegliano quel bisogno ancestrale di conoscere fatti , personaggi e testimonianze ad essi legate.

Ma la vera libidine  si raggiunge solo con l’abbinamento ai luoghi; cioè quando il visitatore o il turista, si sente pienamente connesso  con la storia. Perché, proprio trovandosi nei luoghi ove la leggenda si è consumata, egli riesce ad appagare il suo bisogno di credere che sia realmente accaduto tutto.

Roma è una città magica per eccellenza ed è a proposito di piazze o di vecchi palazzi che, visitandola , è impossibile non inbattersi in una delle più misteriose tragedie che vedono protagonista Piazza Navona e una nobile famiglia romana che ivi dimorava. La triste storia di Costanza de Cupis………

Ma piazza Navona è anche folklore più leggero.

E’ famosa per i ritrattisti, caricaturisti ed i sedicenti lettori di mano. Ma c’ è anche tanta architettura simbolica, arte, chiese e da ultimo, ma non ultimo per interesse, bar e bistrot.

Qusti ultimi rivestono una notevole rilevanza socio-comunicativa poiché rappresentano un vero e proprio approdo urbano per attori, gente di spettacolo, gossip e, più in generale, gente famosa, o presunta tale. Ma che, ad ogni modo-come una calamita-attira frotte di gente dalla più diversificata promiscuità.

Persone che devono incrociare lo sguardo del divo o diva del momento. E la storia che vi raccontiamo, ai giorni nostri, comincia proprio qui. Comincia a piazza Navona!

Roma ore 16.55 del 28 Marzo 2005:

Lunedì, Caffè della pace, nei pressi di Piazza Navona fra turisti e gente del posto.

Si discute, ci si diverte, si canta e di tanto in tanto si vedono passare volti conosciuti, artisti, politici e uomini di spettacolo.

Proprio uno di questi volti  sta per sedersi ad un tavolo del caffè accompagnato da amici.

Il gruppo, lo si capisce  dall’eleganza e dalla sobrietà  dell’abbigliamento, sembrerebbe di chiara provenienza Anglosassone. Il modo garbato di conversare, la discrezione e la compostezza degli atteggiamenti, non tradisce le attese. Inglesi, ecco chi sono. Ad un certo punto un uomo dal volto noto interviene nel dialogo:

<A questo punto è chiaro che manca solo il Thè. Ordiniamo ?>

E così, tutti e 5 gli amici inglesi, ordinano il Thè, lo consumano e fanno per andarsene quando…. da un tavolo attiguo una nuova voce femminile irrompe:

<Il Prof. Forster di Londra ?>

<Prego ?> in un Italiano perfetto <Dice a me ?>

<Direi proprio di si. E  aggiungerei anche….. Auguri>.

<Deve esserci un equivoco> rispose l’ uomo, in un italiano sempre impeccabile

<Non mi chiamo cos, non è Il mio nome e sono Italiano. Anche se, lo confesso, al momento per lavoro sono in Inghilterra. E poi auguri…… perché ?>

<Al contrario, di certo lei lavora in Inghilterra, ma non è  Italiano. Oggi è il suo compleanno, non lo ricorda ?>

Il resto del gruppo, distratto dal vocio dei passanti e dal passeggiare di belle donne, non assiste alla conversazione fra i 2. Anzi, fra una chiacchiera e l’altra, pagano il conto e si avviano.

Prima di lasciare il locale però fanno un cenno all’ amico, che nel frattempo è rimasto seduto a chiacchierare, senza badare ai movimenti degli altri amici. E per non essere indiscreti….uno di loro chiosa…<Beh ! Non mi sembra il caso di disturbarlo. Ci raggiungerà di sicuro in albergo>……

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