Creatività: cos'è realmente? Creativity, what really?

Creatività, una bella parola. Ma cosa si vuol intendere?

Be', naturalmente ognuno ha la sua legittima opinione; io proverò ad illustrare la mia. Creatività” potrebbe essere la capacità di vedere il mondo come non è! Allora è lecito chiedersi anche: ma è un dono innato solo da invidiare a “prescelti” oppure una capacità che si può acquisire e migliorare durante la vita? Creatività potrebbe anche essere unire elementi già esistenti con “connessioni” nuove; che siano utili. La novità e l’utilità sono concetti imprescindibili. Ma essere creativi potrebbe significare anche rompere le regole esistenti per crearne delle altre migliori, destabilizzanti. Ciò potrebbe rappresentare un rischio ovvero: un uomo che ha un’idea nuova può risultare uno svitato. Ma sarebbe uno svitato con “scadenza certa”; cioè finché novità non ha successo. In quel caso diverrebbe un genio creativo.
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Well, of course everyone has their own legitimate opinion, and I'll try to illustrate mine: "Creativity "might be the ability to see the world as it is!
So it is questionable as well: it is an innate gift only as good at "selected" or a skill that you can acquire and improve during the life? Creativity may also be to combine existing elements with "connections" new, they are useful. The novelty and utility are essential concepts.
But be creative could mean breaking the existing rules to create the other best destabilizing. This could pose a risk or a man who has a new idea may be a nut. But it would be loosened with a "certain date", that is until the novelty has not happened. In that case it would become a creative genius.


Friday, August 17, 2012

Quattro chiacchiere in rete "cinguettando" un po' su di me. Parlando della mia iniziativa editoriale indipendente


[...] Come si comporta, lei, quando decide di cominciare una nuova storia?
- Bé, in genere mi piace sperimentare, quando mi accingo a strutturare una trama dal fondotinta Giallo. Tengo a precisare che, per il momento, mi sto solo allenando a prendere confidenza col concetto di suspance. Essendo ancora un esordiente sò di avere ancora tanto da imparare, ed è una sfida che mi esalta.
- Quali tecniche sceglie, dove trae abitualmente l'ispirazione?
- Oddio... mi viene in mente una breve frase di Maxime Chattam, che lui ama ripetere spesso, e che trovo molto appropriata per rispondere alla sua seconda domanda. Lui dice che: "La verità supera troppo spesso e di parecchio la finzione". Ed io aggiungo, purtroppo!

- Vero, concordo. Ed a proposito della sua tecnica?
- Si, rispondo tosto. Diciamo che, nell'istruire una nuova trama, tento di mutuare dai fatti di cronaca, perchè spesso ti si presentano occasioni troppo ghiotte per ignorarle. Non che mi manchi l'immaginazione di inventarmele di sana pianta, sia chiaro. Ma in questo modo, di solito, posso raccontare al lettore una storia di cui, magari, ha solo sentito sussurrare. O che forse lui non conosce, o, per lo meno, di cui potrebbe ignorare quei dettagli più misteriosi, che tanto attraggono la curiosità di chi ama essere tenuto al corrente. E poi, in tutta onestà, ispirarsi in parte a fatti reali, fa inpennare il volume dei consensi. E per chi, come me, cerca visibilità è un valido punto di partenza. Astuto, direi
- E perchè concentra il suo sforzo narrando di assassini, crimini e sangue?
- E' vero, il mondo è già così pieno di violenza, e la letteratura internazionale pullula di libri su serial killer, criminali e gente che muore con efferata violenza. Certo, potrei scegliere fra decine di altri soggetti letterari, escludendo il fattore morte. Ma nemmeno si può ignorare quanto l'omicidio... tiri! Tuttavia, sento di poter dire anche la mia sull'argomento. Penso che, per quanto mi riguarda, è il momento di battere questa pista.  
- Cosa glielo fa credere? Quale variante narrativa ritiene di poter offrire al lettore?
- Bella domanda, cazzuta direi! Mi perdoni la licenza. L'obiezione sollevata da lei mi pare più che legittima., e le potrei rispondere: perchè no, allora. In realtà ho scelto di affrontare il tema Thriller usando un approccio morbido; imprimo un ritmo leggero alla trama. Costruisco personaggi con un profilo che si presenta, da subito, simpatico o insopportabile. Cinico o buono, canaglia o eroe. 
- Insomma, il solito ritornello del buono e del cattivo?
- Non direi. Piuttosto parlerei di dualità caratteriali fra i personaggi principali, una costante che impera nei miei racconti. Ma soprattutto, il ritmo da me individuato, lo regge la Battuta, quella con la B maiuscola! Chi mi legge ha imparato a riconoscere la mia firma, diciamo così. Trovo irresistibile mescolare l'ansia che genera una sana suspance, con l'allegria che scaturisce da una genuina battuta; meglio se cinica ed un po' volgare. Non troppo, però. 
Cerco di proporre trame che ci appartengono. Inoltre, considero il binomio tensione e comicità, una deliziosa alchimia letteraria, una proprietà molto italiana. Ma anche un indice di intelligenza narrativa. Mi passi l'espressione, non vorrei apparire presuntuoso. E' una pura considerazione personale.
- Insomma, è un po' come dire: possiamo ridere anche della Morte , giusto?
- In effetti... sì, credo lo si possa ufficializzare. D'altra parte, scrittori come Connelly, Patterson e lo stesso Faletti, ce lo dimostrano di continuo!
- Mi pare ben argomentata la sua posizione, lei ha idee molto chiare. Può dirci altro?
- Ci può giurare, potremmo discutere sino a dopodomani, ma aggiungerò solo un'altra cosa. Io scrivo di delitti e crimini, è vero. Ma sono storie che possono accadere, storie di vite al limite. Di quell'universo criminale di cui la gente, seduta nei bar a far colazione con briches e caffè, non ha mai avuto un'esperienza diretta, per fortuna! Ma sono anche storie farcite di onesta ironia e comicità, tanto da allegerire la realtà. In ogni caso, si tratta di stoire che, seppur effimere o tragiche, sono stoire su cui la gente che legge, la gente attenta, vuole essere informata.
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